Ancora manette e catene in aula, Ilaria Salis resta in carcere
Respinta la richiesta dei domiciliari. Il padre: «La tirerò fuori, mi rivolgerò al Quirinale»
«Le circostanze non sono cambiate» e «13 mesi di carcere non sono poi tanti»: si infrangono contro queste due frasi pronunciate dal giudice Jozsef Sòs le speranze di Ilaria Salis di uscire dal carcere dove è reclusa dal febbraio del 2023 per attendere l'esito del suo processo ai domiciliari in Ungheria. Arriva senza troppe esitazioni e nessun attimo di riflessione la decisione della giustizia ungherese che non fa nessuno sconto all'attivista italiana, accusata di due aggressioni nei confronti di militanti di estrema destra e di far parte di un'associazione criminale.
Troppo pesanti le imputazioni per concederle i domiciliari, anche con il braccialetto elettronico, e per cambiare il suo status di detenuta pericolosa, che viene quindi trasferita con manette e catene alle caviglie, oltre a essere tenuta da un'agente con un'altra catena come un guinzaglio. Così è arrivata in aula anche oggi e quindi a nulla sono serviti il clamore mediatico, le reazioni internazionali e gli appelli del governo italiano.
«A questo punto dovrò fare una chiamata al Quirinale per cercare di avere una mano dal presidente della Repubblica» Lo ha detto Roberto Salis, intervistato a "Piazza pulita" su La7. «Non so più cosa farne degli appelli al governo italiano», ha detto fra ancora Salis. «Oggi non ho ricevuto nessuna chiamata dalle istituzioni italiane. Al processo c'erano sette parlamentari, nessuno della maggioranza». Per il padre di Ilaria, «è inutile stare a discutere in un Paese dove le leggi del diritto sono totalmente calpestate». «La motivazione del diniego ai domiciliari per Ilaria era già pronta prima dell'udienza», ha aggiunto.
«E' stata trattata ancora come un cane», si è sfogato il padre Roberto, dopo poco più di tre ore di un'udienza iniziata con un pericoloso incrocio tra il gruppo degli amici di Ilaria Salis, compreso Zerocalcare, e il gruppo di Zoltán Tóth, militante di estrema destra vittima dell'aggressione subita il 10 febbraio 2023, che doveva essere sentito oggi prima che vari problemi tecnici facessero saltare tutte le testimonianze. «Ci parlavano in ungherese in tono minaccioso - ha detto l'avvocato Eugenio Losco, legale italiano della Salis - c'era vicino l'interprete e ci ha detto che ci stavano minacciando con frasi tipo "vi spacchiamo la faccia"».
«Il clima non è mai stato buono», il primo commento di Roberto Salis, in una giornata che di buono non ha avuto davvero nulla. Né è servita l'arringa difensiva concentrata sui "cambiamenti importanti" rispetto all'udienza precedente: Ilaria ora ha un domicilio ungherese dove può stare anche con il braccialetto elettronico e svolgere un lavoro on line. Inoltre, si è sempre comportata bene in carcere e non ha intenzione di scappare o nascondersi, come ha dichiarato lei stessa davanti al giudice: «Non ho nessuna intenzione di sparire o scappare e quindi posso stare ai domiciliari anche a Milano».
Poi, ha parlato procuratrice esprimendosi a raffica e senza fermarsi mai: impossibile per la traduttrice starle dietro: in sostanza, ha confermato le accuse che riguardano reati molto gravi e quindi non deve esserci nessun alleggerimento delle misure cautelari, ricordando ancora che i colpi che avrebbe inferto la Salis alle vittime erano «potenzialmente letali». In realtà, l'impressione di chi era presente al prrocesso è stata di una decisione già presa, che infatti il giudice ha comunicato senza neanche prendersi una pausa: «Le circostanze non sono cambiate: esiste sempre il pericolo di fuga e una detenzione cautelare di 13 mesi non è tanto lunga vista la gravità dei reati stabiliti dalla Procura».
A queste parole Roberto Salis, seduto su una panca in prima fila, si è alzato ed è uscito dall'aula per rrientrare poco dopo. E' quindi tornato a sedersi accanto a sua moglie Roberta e ha ripreso il suo spirito combattivo. Ha parlato con sua figlia, che sembrava la più tranquilla di tutti, e poi ha attaccato il governo di Orban, «che ha dato un'altra prova di forza e se ne infischia delle posizioni garantiste europee», e quello italiano «che dovrebbe farsi un'esame di coscienza» vista la «brutta figura». Il ministro Tajani giudica «sbagliata» la scelta di non concedere i domiciliari a Ilaria, protesta per il trattamento delle catene ma invita a «non politicizzare il caso» richiamandosi a «diplomazia e prudenza». Il padre di Ilaria invece si appella alla solidarietà, a «una protesta contro l'immobilismo italiano» perché di certo non ha intenzione di fermarsi: «E' andata così, ma non ci arrendiamo. Ilaria la tiro fuori, non c'è dubbio».
A ministri e familiari risponde il governo di Budapest. «L'Ungheria è uno stato di diritto - dice l'ufficio stampa del ministero degli esteri - e il governo non interferisce in nessun modo nelle competenze della magistratura».
A sostenere e condividere lo stato d'animo del padre di Ilaria ci sono i parlamentari dell'opposizione con l'ambasciatore italiano a Budapest Manuel Jacoangeli, mentre la segretaria del Pd Elly Schlein parla di «schiaffo irricevibile» contro cui verrà presentato ricorso, così come verrà presentato probabilmente un esposto alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. Ma mentre a Milano per gli stessi reati
Gabriele Marchesi esulta viene liberato ed esulta, a Budapest le speranze che cambino le cose sono poche: nella prossima udienza del 24 maggio, Ilaria Salis avrà ancora manette ai polsi e catene alle caviglie.
Ansa.it, 29 marzo 2024